Gestione del cambiamento

Cambia! Cambia! Cambia?

Cambia! Cambia! Cambia?
9 Settembre 2022

CAMBIA, CAMBIA, CAMBIA! Ma ne siamo proprio certi?

Hai il naso brutto, cambialo.

Tua moglie non ti piace più, cambiala.

Il tuo lavoro ti ha stufato, cambialo.

🧐 Sono solo alcuni esempi, ma se da un lato posso comprenderli, da un verso mi spaventano.

Mi spaventano perché questa narrazione del cambiare le cose fuori da noi, prima di tutto non è sempre possibile, e in secondo luogo il rischio di propinarla senza giusta attenzione potrebbe creare più danni di quelli già presenti.

Qualche esempio?

🔻La maggior parte delle volte che entro in un’azienda incontro grossi problemi quasi con ciascuna persona, e mi sembra ovviamente chiaro che dir loro cambia lavoro non sarebbe un grande esempio di coaching. Giochiamo più sui loro di cambiamenti, ad esempio sui punti di vista o i comportamenti messi in atto. A volte si parte proprio dall’accettazione di alcune difficoltà.

Accettazione? Sì! E non è una debolezza, ma spesso un modo per riconoscere quanto in alcuni tratti la vita possa essere incasinata.

Il modello del “tutto perfetto”, così come il mostrare socialmente solo le parti migliori di sé (vedi social network), o raccontare solo le dieci storie di grandi rivoluzioni personali quando al mondo siamo miliardi, ha innescato un profondo senso di inadeguatezza o rifiuto, che porta spesso a cambiare o a tentare di cambiare le cose prima ancora di porsi delle domande introspettive più delicate.

Stiamo disimparando a stare insieme alle cose, soprattutto a quella che ha più l’aspetto dell’ombra.

Stiamo disimparando a chiederci che natura esse abbiamo, e in che modo ci appartengono e ci possono insegnare qualcosa.

Stiamo disimparando a vedere come spesso siamo proprio noi a costruirle.

Stiamo invece imparando a cambiare tutto, il più velocemente possibile, senza renderci conto che spesso produciamo più danni di quelli che avvertivamo prima.

🔻Altro esempio?

Ricordo ancora una sessione del grande Nardone con una ragazza che voleva cambiare a ogni costo il suo labbro superiore. Il chirurgo, con un minimo di ratio, si era accorto che forse non era il caso, a maggior ragione perché era molto bella e aveva appena rifatto il seno. Nardone fu chiamato per una breve consulenza.

Alcune delle domande potenti che fece furono:

Tu hai già fatto un intervento estetico? Sì. Ed è venuto bene? Sì. E adesso ti è venuta voglia di correggere un’altra cosa? Sì. Ma secondo te ce ne davvero bisogno? Sì. Ma la voglia di aggiustarti le labbra è venuta prima o dopo rifarti il seno? Dopo. Quindi ti sei accorta di un difetto solo dopo esserti corretta il seno? Sì. E non pensi che dopo aver aggiustato le labbra troverai un altro difetto? …

La sessione proseguì con altre manovre e l’intento riuscì: Nardone fece scoprire che, in questo caso, cambiare qualcosa fuori da sé non poteva che aumentare il proprio senso di inadeguatezza.

📝 Un ESERCIZIO, questa volta invece di natura cognitivo-comportamentale, utile per lavorare su di sé senza cambiare le cose fuori?

LA TECNICA DELL’ ABC

Molto spesso quando si parla di sofferenza psicologica si associa la propria emozione alla situazione.

Sono stata male perché il mio Paolo non mi ha chiamato.

Sono stato male perché il capo mi rimprovera spesso.

La credenza è che il nostro stato emotivo dipenda solo dalla situazione.

Ma il fatto che la stessa non produca lo stessa sensazione in tutti ci fa capire che sono anche i nostri pensieri e le nostre convinzioni a determinare quello che proviamo.

Sono anche i nostri pensieri quindi a influenzare le nostre emozioni.

Fai così questo esercizio:

– PRIMA COLONNA A (antecedents – antecedenti): scrivi cosa ti ha fatto stare male (situazione, stimolo, evento)

Nella colonna delle A vengono inseriti gli “antecedents” (gli antecedenti), ovvero situazioni, episodi ma anche stati emotivi situazionali (come, ad esempio, “sto provando ansia”)

– SECONDA COLONNA B (beliefs – pensieri, credenze): scrivete che pensieri o convinzioni avevate in quel momento che hanno prodotto quell’emozione

Nella colonna centrale dei B vengono inseriti i “beliefs” (le credenze), pensieri (più o meno automatici) che il paziente “produce” per dare significato all’A antecedente

Il lavoro va soprattutto svolto nella seconda colonna.

Questi pensieri riflettono direttamente il significato attribuito dal soggetto a un dato evento e il contributo dei processi di elaborazione più automatici (regole, assunzioni personali, inferenze, pensieri).

I pensieri sono ipotesi che attengono alla presenza o assenza di condizioni fattuali, cioè di eventi attesi nell’A.

Lavorare su queste convinzioni può modificare le proprie emozioni e di conseguenza i comportamenti successivi.

Ma non si parla solo del contenuto delle nostre credenze, pensieri o convinzioni a influenzare il disagio e la sofferenza, ma altrettanto dell’atteggiamento che abbiamo nei confronti dei nostri pensieri. In poche parole, non sono i pensieri e le emozioni in sé a farci stare male, bensì il modo con cui li affrontiamo. Se ci sentiamo così agganciati a uno stato mentale, tanto da considerarlo la realtà assoluta (“ho un pensiero di inadeguatezza” = “sono inadeguato”), questo ci fa stare male e non abbiamo “spazio mentale” per arricchire e seguire i nostri obiettivi personali.

– TERZA COLONNA C (consequences – conseguenze): scrivi che emozione avete provato e cosa avete fatto

Nella colonna finale dei C, rientrano le “consequences” (le consegueze) in termini emotivi (“cosa provo”) e comportamentali (“cosa faccio”) influenzate dalle credenze in B.

La colonna finale dei C, si può però trasformare in choices (scelte), cioè cosa posso fare per raggiungere il mio scopo personale nonostante e accettando di avere quei pensieri, quelle emozioni e quelle sensazioni fisiche, cioè nonostante “quel narratore insistente” che è la mia mente e che racconta al posto mio. Una seconda forma di C potrebbe essere questa: “in che modo e cosa questi B mi impediscono di raggiungere, rispetto ai miei obiettivi e valori personali?”

🔻Un piccolo esempio?

COLONNA A: il mio contesto di lavoro

COLONNA C: mi sento male

COLONNA B: Il pensiero nella colonna B potrebbe essere “il lavoro che sto facendo mi fa schifo”.

Ok, partiamo dal presupposto che potrebbe esser vero e che potrebbe essere utile cambiarlo, ma diamoci prima anche altre chance.

  • Magari siamo noi quelli a cui non va bene nulla, e pur cambiandolo magari ci ritroveremmo nella stessa situazione, così come può essere fosse già nel precedente lavoro.
  • O magari sono solo alcune cose di esso che dovrebbero essere aggiustate, e noi siamo spesso troppo inclini a generalizzare.
  • O ancora: quanto i pensieri che ho mi sono utili per raggiungere i miei scopi professionali o quanto essi mi impediscono di stare bene?

🤓 Sono solo alcuni esempi, ma l’intento è quello di riportarci in una dimensione interiore, spesso dimenticata a favore del cambio tutto ma non cambio nulla.

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