L’arte di lasciar andare
Se ti fermi davvero a pensarci, però, i normali consigli di auto-aiuto, tutta quella roba positiva e felice che sentiamo di continuo, si concentrano in realtà su ciò che ti manca (Mark Manson).
Questa citazione estrapolata dal libro La sottile arte di fare quel ca**o che ti pare mi ha fatto pensare.
Non dico non sia un bene lavorare su se stessi, cercando di soddisfare i propri bisogni fondamentali (citando Maslow: dalla sicurezza all’auto-realizzazione).
Piuttosto evidenzio quanto sia facile perdere la bussola.
Questa fissazione sul positivo, talvolta, serve solo a ricordarsi di continuo cosa non siamo e cosa ci manca.
Sbattiti di più per avere un nuovo televisore, sbattiti di più per la nuova macchina, o sbattiti ancora per l’ultimo pezzo di arredo di Ikea.
Come tanti altri anch’io ero diventato schiavo della tendenza al nido IKEA. […] Se vedevo qualcosa di ingegnoso come un tavolinetto a forma di ying yang dovevo averlo. Il componibile personale per ufficio della Klipsk, la cyclette della Hovetrekke, il divano Ohamshab a strisce verdi della Strinne, perfino le lampade Ryslampa fatte di carta non candeggiata per un ambiente rilassante. Sfogliavo quei cataloghi e mi domandavo “quale tipo di salotto mi caratterizza come persona?”. Avevo tutto. Anche i piatti di vetro con piccole bolle e imperfezioni, prova che erano stati realizzati da onesti semplici operosi indigeni artigiani di… Dunque… Una volta leggevamo pornografia, ora siamo passati ad arredomania. (FIGHT CLUB)
Da promotore dell’ozio cerco sempre di dirmi, quando le marce avanzano in modo compulsivo, che la soluzione non è sbattersi di più, ma di meno.
Sbattersi solo per quello che è davvero importante, e lasciar scivolare il superfluo.
È questione di gestione del tempo.
Di fissare delle priorità.
Di saper dire di no per aprire il varco a nuovi sì.
Siamo immersi in una crisi economico-sanitaria da più di un anno, eppure quella che investe tantissime persone è di ordine esistenziale e spirituale.
Abbiamo così tanta roba da non saper più a cosa dare importanza.
Le cose che possiedi, alla fine ti possiedono (TYLER DURDEN)
Depressione, ansia e stress sono vestiti che indossiamo cronicamente, nonostante i televisori crescano e siano sempre più piatti.
Desiderare un’esperienza più positiva è di per sé un’esperienza negativa.
Sempre pensato.
Quello che Manson offre nel suo libro, e che cerco oggi con alcuni pensieri di riportare, consiste in un cambio totale di prospettiva.
Evitando analfabetismi funzionali, tipo ma c’è chi ha davvero bisogno o che è giusto darsi da fare (lo so, cercate però di essere sul pezzo del discorso di oggi), l’idea di inseguire in modo isterico quel qualcosa in più che ci renderà finalmente felici, senza poi esserlo mai, è quanto di più simile alla follia.
Ricordo ancora quando ascoltai questo discorso, mentre con una birra in mano vedevo il documentario Zeitgesit:
Mia nonna era una persona meravigliosa. Mi insegnò a giocare a Monopoli(tm). Aveva capito che il punto del gioco è comprare. Accumulava tutto quello che poteva, ed alla fine diventava la padrona del tabellone. E poi mi diceva sempre la stessa cosa. Mi guardava e diceva: “Un giorno imparerai a giocare”.
Un’estate giocai a Monopoli quasi ogni giorno per tutto il giorno, e quell’estate imparai a giocare. Arrivai a capire che l’unico modo per vincere è dedicarsi esclusivamente all’acquisizione. Arrivai a capire che i soldi e i possedimenti sono il modo di fare punti. Alla fine di quell’estate, ero diventato ancora più spietato di mia nonna. Ero pronto a barare pur di vincere. E quell’autunno mi sedetti a giocare con lei. Le presi tutto ciò che aveva. La guardai cedere il suo ultimo dollaro e lasciare il gioco sconfitta. E aveva un’altra cosa da insegnarmi, disse:
“Ora tutto torna nella scatola. Tutte quelle case, quegli hotel, tutte le ferrovie e le società di servizi, tutte quelle proprietà e tutto quel magnifico denaro. Ora tutto torna nella scatola. Niente di tutto ciò era realmente tuo. Ti eri agitato tanto per un attimo ma era qui molto tempo prima che tu giocassi e sarà qui dopo che te ne sarai andato. I giocatori vanno e vengono. Case, automobili, titoli, vestiti, persino il tuo corpo. Il fatto è che tutto ciò che afferro, consumo ed accumulo, tornerà nella scatola e perderò tutto.
Quindi ti devi chiedere, una volta che finalmente ottieni l’ennesima promozione, una volta fatto l’ennesimo acquisto, una volta comprata l’ennesima casa, una volta raggiunta la sicurezza finanziaria, e scalata la cima del successo fino al punto più alto che puoi raggiungere…e l’ebrezza scompare, e scomparirà. E poi, per quanto tempo dovrai percorrere questa strada prima di vedere dove porta? Sicuramente capisci, che non sarà mai abbastanza. Quindi devi porti la domanda: Cosa è davvero importante?”. (ZEITGEIST)
E che cavolo mi dissi, tutto questo è tremendamente vero!
Ma allora cosa dovremmo fare, pensai subito dopo?
Beh, non si tratta di rimanere immobili, ma di capire quale sia l’equilibrio per vivere bene.
Siamo talmente ossessionati dal chiederci cosa dovremmo fare, che abbiamo dimenticato di domandarci cosa dovremmo smettere di fare.
Personalmente ho avuto molto soddisfazioni lasciando lavori, compagni di viaggio e desideri che non erano più miei. Forse talvolta più grandi di quelle ottenute interrogandomi su quale nuovi passi dovessi compiere.
A volte, liberarsi da alcuni fardelli, permette di iniziare a vedere ciò che prima era nascosto.
O a camminare più veloci verso nuovi lidi, forse prima impensabili perché troppo appesantiti nel cuore e nella mente.
Io la chiamo l’arte del fare, sbattendosene di quello che si fa.
Fai bene, sentilo davvero e non assecondare troppo gli altri.
Soprattutto però non fare mai la cazzata di farlo per quello che succederà dopo, perché questo apparentemente piccolo e insignificante dettaglio potrebbe divorarti.
Fallo e basta.
E se invece non ti va, lascia andare. Non era cosa.
Impara a mollare la presa ca**o!
Mi piace l’ozio perché aiuta il cervello a spegnersi quando corre troppo.
Quando ad esempio siamo tristi per l’essere tristi.
O quando ci sale l’ansia perché siamo in ansia.
Se dovessi indicare una corrente psicologica utile in queste considerazioni sarebbe l’ACT.
Due concetti chiave della Acceptance and Commitment Therapy possono essere così riassunti:
– La sofferenza psicologica è “normale” e adattiva, è importante e accompagna ogni persona.
– Non è possibile sbarazzarsi volontariamente della propria sofferenza psicologica, anche se si possono prendere provvedimenti per evitare d’incrementarla artificialmente.
La convinzione che non vada bene essere ogni tanto inadeguati è l’origine di molte nostre sofferenze.
Faccio un esempio: se ti senti inadeguato e cerchi compulsivamente di non esserlo la gente se ne accorgerà, e le loro restituzioni non faranno che confermare la tua ipotesi.
Ammettere invece le proprie insicurezze ti renderà paradossalmente più sicuro e carismatico agli occhi degli altri.
Non preoccupatevi quindi dei grandi risultati di conoscenti o persone a caso che seguite sui social.
Fidatevi che anche loro mangiamo tanta di quella mer*a che nemmeno ne avete idea. Nessuno è felice per davvero, e se anche lo fosse, questa cosa non potrà durare a lungo.
Ognuno ha le sue croci, diciamo però che non tutti sanno nasconderle al meglio.
Sappiamo bene nei social quanto siamo diventati dei King.
Ma oggi non è il giorno di celebrare i nostri successi, piuttosto quello di denudarsi e dirci che anche noi facciamo un pò schifo.
E la cosa ci piace assai.