Errare non solo humano est…
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera:
La locuzione latina errare humanum est, perseverare autem diabolicum tradotta letteralmente significa “commettere errori è umano, ma perseverare (nell’errore) è diabolico”.
Ora la domanda è questa: ne siamo certi?
Allora, partiamo con ordine:
L’ERRORE È UN MECCANISMO BIOLOGICO D’APPRENDIMENTO
Dall’enciclopedia Treccani troviamo questo significato:
Erróre s. m. [dal lat. error –oris, der. di errare «vagare; sbagliare»]. – 1. letter. L’andar vagando, peregrinazione, vagabondaggio
Errare significa quindi passare attraverso le cose della vita, per farle proprie.
Esiste qualche altro modo per comprenderle? La risposta è NI.
L’essere umano apprende per imitazione, scoperta e per errore.
Oltretutto la scoperta è spesso conseguenza di diversi errori, o talvolta è l’errore stesso.
La storia ci insegna quanto questa affermazione sia vera attraverso diverse scoperte, nate proprio per errore:
- Alex Fleming, mentre studiava gli stafilococchi, si rese conto che le colonie batteriche venivano distrutte da alcuni tipi di fungo. Grazie a questa osservazione casuale poté isolare la penicillina e trasformarla in un farmaco che in seguito avrebbe salvato molte vite.
- La storia della Tarte Tatin, l’inconfondibile torta di mele rovesciata. Secondo la leggenda una delle sorelle Tatin che gestivano L’Hotel-restaurant Tatin. Caroline di solito si occupava di accogliere i clienti all’ingresso invece Stephanie si dedicava alla cucina. Una domenica durante la quale stava preparando il pranzo per alcuni cacciatori bruciò la torta e per salvare il dessert decise di imburrare una teglia, rivestirla di zucchero e la ricopre di mele, sovrappensiero si dimenticò la base di brisé, per salvare la situazione decise di ricoprirle con la pasta e terminare la cottura così, una volta sfornata la girò e servì. Il successo fu tanto, i cacciatori ne furono entusiasti ed è così che nacque una torta diventata velocemente un classico.
- La scoperta dell’America avvenne grazie all’errore di Colombo, che pensava di andare verso l’India (oggi sappiamo che questa stessa scoperta è attribuibile anche a Vespucci, ma ancor prima ai Vichinghi).
- Ad esse potremmo aggiungere anche la scoperta dei raggi x, dei post-it, del forno a microonde, del Viagra e tante altre ancora.
La verità è che ogni piccolo errore ci conduce a una scoperta, ad esempio di come funzioniamo noi e di come funzionano le cose con cui interagiamo
Attraverso gli errori professionali possiamo capire se siamo poco attenti, o pigri in alcune cose. Possiamo comprendere se ancora la nostra velocità di esecuzione di alcuni compiti non è all’altezza degli standard attesi, o se ad esempio fatichiamo a muoverci in alcune situazioni, facendoci cogliere da emozioni ingestibili (come ad esempio la rabbia).
Ovviamente questo processo richiede una meta-riflessione, ovvero un’analisi a posteriore sul come sono accadute le cose che sono successe.
Quando diciamo perseverare autem diabolicum ci riferiamo probabilmente all’assenza di questa capacità fondamentale.
La perseveranza dell’errore può essere anche attribuibile ad abitudini dure da scardinare. In questo caso il soggetto si rende conto dell’errore, ma non riesce a fare a meno di continuare a compierlo.
L’errore però ci accompagna da sempre.
Quando siamo piccoli piccoli cadiamo, per apprendere a camminare.
L’errore di ogni bambino è un atto creativo. Quando sbagliano inventano infatti qualcosa, utile a riprogrammare il loro essere nel mondo
Quando siamo bambini sbagliamo le tabelline, e questo ci servirà ad apprenderle.
Quando siamo adulti commettiamo errori strategici nel lavoro, ma proprio grazie ad essi – se saremo in grado di elaborare il vissuto – potremo riconfigurare le azioni successive.
Quando sbagliamo agiamo quindi una deviazione che ci allontana dal risultato atteso, anche se allo stesso tempo apprendiamo qualcosa di nuovo. Ad esempio le modalità in cui un processo o un progetto può fallire. Altrettanto potremmo imparare cosa non dire, o in che modo non è efficace portare una comunicazione.
In sostanza l’errore produce un’informazione preziosissima sul meccanismo di funzionamento di un sistema
Il punto non è quindi evitarlo, ma creare un contesto dove esso possa essere espresso, con i dovuti salvagente in caso la somma in gioco sia alta.
Nel processo di DELEGA è infatti importante formare, al fine di preparare al meglio il soggetto nella sua nuova esperienza. Altrettanto il monitoraggio, soprattutto iniziale, sarà rilevante perché si potrà apprendere con il delegato quali sono gli step o i processi in cui sbaglia, proteggendolo nella giusta misura da errori troppo grandi. La correzione dovrà altrettanto essere portata in modo efficace, per far sì che la persona non tema di prodigarsi in modo autonomo, svincolandosi sempre più dal suo responsabile.
L’ERRORE È UNO STIGMA SOCIALE
Possiamo raccontarcela quanto vogliamo, ma socialmente errare è ancora mal visto.
Nell’era della competitività, la visualizzazione dei social media e i filtri di Instagram, la perfezione e il trionfo sono valori dominanti.
Per l’errore, la stortura e il difetto rimane spesso poco spazio, e quando lo si trova, spesso è ahimè sotto il tappeto.
La maggior parte delle persone quando commette un errore sta male, e questo dipende dalla narrazione che facciamo dell’errore (ovvero come lo interpretiamo) e della nostra personalità.
Altrettanto può dipendere da altri fattori:
Un’eccesso di ego, così come una disposizione narcisistica, potrebbe impedire di riconoscere i propri errori e provare quindi un intenso disagio una volta ammesso l’accaduto.
L’orgoglio – inteso come stima eccessiva di sé; esagerato sentimento della propria dignità, dei proprî meriti, della propria posizione o condizione sociale, per cui ci si considera superiori agli altri (fonte Treccani) – può divenire impedimento per accettare il proprio errore e apprendere da esso.
Il punto è che psicologicamente l’errore fa sempre un pò male.
Banalmente perché genera dissonanza cognitiva: ovvero quella situazione in cui alcuni pensieri sono antitetici e per questo in contrasto tra loro al punto creando disagio alla persona.
Un esempio può essere: sono convinto di essere capace di fare una cosa. Fallisco e vengo rimproverato e si genera un pensiero opposto, che mi dice che quella cosa forse non la so fare poi tanto bene.
A questo punto si può generare un processo di rimozione e negazione, del tipo: quella cosa la so fare, ma chi mi riprende non capisce che si può fare anche così. O tipo: quella cosa la so fare, ma chi mi riprende non capisce che si può fare anche così.
CONTESTO AZIENDALE: L’IMPORTANZA DI UNA CULTURA DELLA RESPONSABILITÀ
Quando un leader arrabbiato dice ai propri collaboratori “dovreste imparare ad assumervi le vostre responsabilità” genera un paradosso non indifferente.
È una situazione in cui mi trovo spesso, e ovviamente cerco assieme alle persone con cui lavoro di far emergere tale paradosso. Il suo scioglimento deriva dal prendersi sempre in capo la propria responsabilità rispetto a quello che accade.
Facciamo un esempio:
Il mio collaboratore sbaglia sempre quel compito diventa:
Non ho ancora compreso come aiutare, correggere e formare il mio collaboratore in questa sua difficoltà, o ancora:
Forse questa persona non si trova nel ruolo e nel dipartimento più adatto.
E ancora: questa persona si trova in un contesto che promuove invece che inibire il suo errore.
E infine: questa persona non è stata selezionata in modo corretto.
Ricordo lessi un articolo di UP2YOU dove si diceva:
La performance è sempre il risultato dell’interazione dell’essere umano con gli altri elementi del sistema nel quale opera.
Pensare che l’errore abbia come causa solo le persone o in alcune situazioni una persona sola sarebbe un modo per sottovalutare il sistema e sopravvalutare le persone
Ne sono rimasto illuminato. Prima di tutto perché analizza l’errore in modo sistemico.
In secondo luogo perché crea una cultura della corresponsabilità, e questo è meraviglioso.
Esistono quindi veri e propri casi aziendali di cultura dell’errore?
Assolutamente sì.
Pensiamo ad esempio alla scatola nera presente sugli aerei: ogni errore viene analizzato e reso pubblico, aiutando da un lato gli ingegneri e i team di sviluppo a progettare innovazioni più sicure e performanti, dall’altro a far sì che i piloti possano fare esperienza tramite gli errori di altri piloti.
O ricordiamoci di Enzo Ferrari, che esponeva i propri errori di progetto, quelli che per intenderci avevano causato la sconfitta di un Gran Premio, dentro una vetrina, all’interno di una stanza da lui stesso battezzata ‘Stanza degli orrori’. Ognuno di quei pezzi esposti era un errore da non ripetere, ma anche una presa di accettazione e di non vergogna dell’errore stesso. Come dire: “Ok, fa parte del gioco. Ora però impariamo a non commetterlo più e impariamo da esso qualcosa di nuovo“.
O pensiamo al metodo Agile, prevede più monitoraggi per far volontariamente emergere gli errori e agire al meglio su di essi.
O ancora al Growth Hacking, un processo di sperimentazione rapida sul prodotto e sui canali di marketing per trovare il modo più efficiente di far crescere un business. La sperimentazione continua fa emergere molti errori, con la conseguente disposizione a fare pace con il concetto di fallimento.
Lo stratagemma cinese associato è quello del:
Se vuoi drizzare una cosa, impara prima come storcerla di più
Si tratta perciò non solo di creare ambienti che favoriscano la cultura della responsabilità, a tutti i livelli, ma ancor più di congiungere ad essa sistemi in grado di accogliere gli errori in modo intelligente, favorendone la naturale espressione.