Comunicazione strategica

Come mandare a fanc**o gli altri, e restare buoni amici

Come mandare a fanc**o gli altri, e restare buoni amici
7 Giugno 2022

È chiaramente un’iperbole.

Una provocazione. Una di quelle su cui però dovremmo riflettere.

La domanda è:

“Come portare una critica sul luogo di lavoro senza produrre più danni di quelli che già forse esistono?”

Questione spinosa…

La gestione di una critica (sia per chi la fa, che per chi la riceve) sul luogo di lavoro si colloca all’interno di delicate dimensioni psicologiche e sociali. Nondimeno organizzative, in termini aziendali.

Anzitutto sappiate che le persone, a fronte di una critica, pur ben espressa e all’interno di una relazione sana, hanno un iniziale atteggiamento di auto-protezione.

Questo ci porta a irrigidirci e a opporci in modo spontaneo e inconscio.

Se la critica è però supportata da tecnica e buona relazione verrà metabolizzata e potrebbe divenire, se accompagnata anche da agiti di supporto, portatrice di nuove condotte.

Al contrario climi di oppressione, eccessivo controllo, arroganza, e giudizio morale conducono verso lidi poco proficui.

Ogni volta che muovete una critica ricordate che state addentrandovi in meandri oscuri segreti.

Questi luoghi inconsapevoli dell’altro hanno l’olezzo dell’inadeguatezza e dell’impotenza. Chi riceve una critica si sentirà punito, e potrebbe venir avvolto da sensi di colpa. Si potrebbe sentir vittima di ostilità, divenendo creta modellata dall’atto manipolatorio.

Le reazioni che riceverete, se peccherete di superficialità, saranno tre:

  1. Riceverete una carica esplosiva, fatta di aggressività nei vostri confronti. Al vostro fuoco ne seguirà uno fatto di armi atomiche, capaci di sgretolarvi fino alle più piccole ossa del vostro corpo. Cose del tipo: “Come ti permetti di dirmi queste cose imbec***e?” o “Pensa ai fatti tuoi pi**a, che ne hai di scheletri nell’armadio”.
  2. Noterete un ritiro del soggetto che porrà il silenzio come unica tattica a suo favore. Il ritiro e l’abbassamento del suo umore, verso un territorio depressivo, lacererà il suo animo manifestando quanto il senso della sconfitta possa fare male.
  3. Troverete desiderio di vendetta travestita da elegante accettazione. State attenti ai sì contraffatti, sono i più pericolosi e infimi.

♦️ Una delle problematiche del portare una critica è legata al principio di REATTANZA PSICOLOGICA: quella dinamica che si verifica quando subiamo una forte pressione per accettare un certo punto di vista o atteggiamento. Di conseguenza, viene generata una resistenza che ci porta a reagire nella direzione opposta, rafforzando il punto di vista o l’atteggiamento inverso. Fondamentalmente, la reattanza è una strategia di controforza per mantenere o riconquistare la nostra libertà. Semplicemente ci ribelliamo.

Per questo è fondamentale la forma e la capacità di non evidenziare il carattere giudicante della critica, suscitando una reazione di limitata partecipazione nel ricevente, il quale può essere portato al rifiuto e a difendersi in modo aprioristico.

D’altro canto siamo altresì vittime del principio di DISSONANZA COGNITIVA: ovvero quella sensazione scaturita da un conflitto fra idee, convinzioni, valori e atteggiamento dell’individuo. In poche parole, consiste nel sostenere due o più pensieri o idee che risultano in contraddizione tra loro, generando disagio e tensione.

Ci sono diverse strategie che ci possono aiutare in questo senso.

⭐️ La prima è quella di accogliere il punto di vista e l’agito dell’altro.

È da lì che dobbiamo partire.

Dobbiamo voler capire l’altro, abbandonando anche solo per un istante quel perenne tenzone che divide chi ha ragione da chi ha torto.

“C’era una volta un giudice saggio davanti al quale vennero portati due litiganti. Il giudice ascoltò molto attentamente il primo e disse: “Hai ragione”. Poi ascoltò molto attentamente il secondo e disse: “Hai ragione”. A quel punto qualcuno tra il pubblico presente si alzò e rivolgendosi al giudice disse: “Ma giudice, non possono avere ragione entrambi!” Il giudice lo guardò e disse: “Hai ragione anche tu!”

È possibile affrontare costruttivamente i conflitti riconoscendo che tutti i punti di vista delle persone sono meritevoli di essere accolti?

Ognuno di noi costruisce una propria realtà e combatterla o toglierle validità non conduce ad alcun vantaggio.

Anzi… Le persone quando sono attaccate tendono a rimanere ancorate ancora di più alle proprie posizioni, che ricordiamo, rappresentano le loro “verità”, il modo attraverso il quale stanno guardando al problema. In questi casi combattere la differente visione del mondo dell’altro non ha altro effetto che condurlo a contrattaccare per difendere la propria posizione, sia nel caso in cui gli venga data ragione, sia nel caso in cui gli venga dato torto.

Il giudice di questo racconto spezza volontariamente lo schema binario della ragione e del torto (che per carità a volte è lapalissiano) e, attraverso un azione paradossale e inattesa, ci mostra come ogni conflitto è un contrasto fra diversi modi di vedere la stessa verità.

♦️ Un’altra problematica della critica è relativa alla relazione.

The two colleagues working together at office on white studio background. concept of conflict and rage

È inutile che vi chiediate come porre una critica se la relazione con chi la riceve fa schifo!

È infruttuoso che facciate mille corsi sul fidbec (😂) se non sapete che senza aver preparato il terreno nessun fiore può crescere.

La relazione è l’humus che vi permetterà di portare una critica.

Le tecniche arrivano dopo porca miseria!

⭐️ Certo sarebbe utile ricordare il secondo assioma della comunicazione pragmatica, il quale ci insegna che il contenuto costruisce la relazione.

Cosa significa? Che se volete ricostruire una relazione dovete ripartire dai vostri agiti comunicativi. Se saranno nuovi e diversi, pian piano costruiranno con l’altro una nuova relazione, questa volta si spera più idonea e capace di portare le dovute critiche sempre necessarie.

La tecnica del “Come se” potrebbe essere di valido aiuto, in classe ne parlo spesso…

Torniamo ora alle nostre strategie.

⭐️ Non portate mai una critica in pubblico.

Essendo la critica portatrice del sentimento di sconfitta, essa conduce alla dimensione della vergogna, che ha carattere sociale.

Quando la sconfitta è visibile agli altri la frustrazione può suscitare rabbia, sconforto, senso di solitudine, ma anche desiderio di vendetta, spesso silenziosa e smisurata.

⭐️ Svelate il perturbante segreto.

Tecnica di derivazione Strategica ha il compito di inibire la carica negativa della critica proprio perché ne svela la natura in anticipo.

Questa tecnica, usata in diversi ambiti terapeutici, potrebbe essere così formulata:

Mi rendo conto che sto per dirti qualcosa che potrebbe non piacerti, credo però sarà utile per migliorare ancora di più gli ottimi risultati che ci stai portando e per cui ti ringrazio anche oggi come sempre“.

⭐️ Usate la comunicazione non violenta di Rosenberg.

Il modello di Marshall è capace di costruire una frase che esprima il vostro bisogno senza ferire l’altro.

Ne parlerò spesso in aula, per adesso vi porto solo l’esempio di una critica costruita in questo modo:

Quando arrivi in ritardo come ieri, io mi trovo in seria difficoltà perché devo ri-organizzare la linea produttiva. Avrei bisogno che non tardassi più. Che ne dici se proviamo a capire cosa ti mette in difficoltà e cerchiamo una soluzione insieme?“.

⭐️ Usate la domanda.

Invece che portare la critica fate in modo che il soggetto ricevente la costruisca da sé.

Non esiste modo migliore di persuadere se non quello di far dire agli altri cosa sarebbe opportuno fare.

Un manager a seguito del lavoro svolto non troppo bene di un collaboratore invece che dirgli hai fatto male potrebbe chiedere:

«Come credi sia andata?».

«Pensi avresti potuto fare di meglio?».

«Puoi darti un voto? E secondo te rispetto al risultato atteso quale ti darei io? Mettiamo ora che sia 5, cosa dovresti fare o non fare, pensare o non pensare per arrivare almeno a 7?».

Così ci si mette in posizione one-down e si aiuta l’altro a non sentirsi giudicato, ad aprirsi di più e sentirsi responsabile dell’operato svolto e di quelli successivi.

⭐️ Fatevi voi una domanda.

State per criticare con quale scopo?

  • Insegnare qualcosa di nuovo
  • Screditare la persona
  • Esaltare voi stessi
  • Trovare insieme nuove strategie

Piccole differenze che generano grandi diversità.

⭐️ Siate specifici e criticate l’oggetto di interesse, non la persona.

Stai sbagliando” servirà a poco. Entrate nel dettaglio e circoscrivete l’aspetto dove la persona sta commettendo un errore.

Sei uno stupido” oltre ad offendere è una generalizzazione inutile, che sconfina in territori molto intimi. Dire che l’errore commesso è una vera stupidata potrebbe essere già un passo avanti.

⭐️ Siate presenti!

Non scrivete critiche con le mail.

Non fatelo se non avete il giusto tempo da dedicarci.

State addentrandovi in territori ostili, per questo dovrete ritagliare uno spazio, un tempo e una modalità che siano dedicate.

⭐️ Altri piccoli consigli potrebbero essere quelli di:

  • Usare un tono di voce adeguato (ricordate che la comunicazione non-verbale e para-verbale sono quelle che più designano il tipo di relazione)
  • Suggerire e non imporre
  • Essere onesti, con eleganza (si dice che la verità aiuta ad organizzarsi)
  • Offrire il giusto supporto, cercando di trovare soluzioni insieme che vadano oltre la critica

Concludo qui questa prima e breve disamina sulle critiche. Non sarà tutto come avevo promesso, ma sono convinto sia un gran punto di partenza 🙂

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